Il fallimento di una società e l'importanza di un avvocato: cosa fare per salvaguardare i propri interessi

Il fallimento di una società e l’importanza di un avvocato: cosa fare per salvaguardare i propri interessi

Per fallimento si intende un istituto giuridico che viene disciplinato dal Regio Decreto numero 267 del 1942, chiamato anche più semplicemente “Legge Fallimentare”. Quindi, questa procedura consente di liquidare il patrimonio del “soggetto sottoposto a liquidazione giudiziale” (il “soggetto fallito”) in situazioni ben determinate dalla legge stessa. Grazie a tale procedura si riescono a soddisfare, anche in maniera parziale, gli obblighi del soggetto fallito nei confronti dei creditori. In questo caso è opportuno rivolgersi a un avvocato fallimentare, come l’avvocato Ticozzi, che assume un ruolo fondamentale e di rilievo in tutto l’iter fallimentare. Questo avvocato è esperto proprio nel diritto fallimentare e aiuta il proprio assistito a depositare presso il Tribunale tutti i documenti necessari per dichiarare e dimostrare il fallimento. Tutti questi documenti sono disciplinati sia dalla legge fallimentare che dal Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza.

Chi è e cosa fa l’avvocato fallimentare: quando rivolgersi

L’istanza di fallimento può essere presentata anche dai creditori, da un unico creditore o dal Pubblico Ministero direttamente. In caso di fallimento, infatti, i creditori hanno come scopo quello di riuscire a soddisfare, anche solo in maniera parziale, il ceto creditorio. Quindi, anch’essi hanno bisogno di un legale che li rappresenti. Dall’altro lato, il debitore fallito e il suo avvocato devono dimostrare che si è in possesso di determinati requisiti nei tre anni precedenti e quindi evitare la dichiarazione di fallimento. I requisiti sono: il non superamento di 300 mila euro di attivo patrimoniale, assenza di debiti superiori a 500 mila euro e un fatturato minore di 200 mila euro.

Quindi, ci si può rivolgere a un avvocato fallimentare sia nel caso si sia un imprenditore dichiarato fallito, che nel caso in cui si sia un creditore. L’imprenditore, non appena apprende la sentenza del tribunale, deve subito rivolgersi a un legale. Questo proprio per essere tutelato e per dimostrare di non essere in possesso dei requisiti che lo dichiarino fallito. I creditori, invece, se verificano che il debitore non può o non vuole adempiere ai suoi debiti, possono rivolgersi a un legale per ottenere il soddisfacimento di quanto preteso.

Come si esegue la procedura fallimentare

Come anticipato in precedenza, il fallimento può essere richiesto dal debitore stesso, dai creditori o dal pubblico ministero (articolo 6 della legge fallimentare). La domanda di fallimento deve essere presentata facendo ricorso al tribunale competente. Secondo il primo comma dell’articolo 9 della legge fallimentare, il tribunale competente è quello che si trova nel posto in cui l’imprenditore ha la sede principale della società. Successivamente, parte quella che si chiama “istruttoria prefallimentare”, che segue quanto stabilito dall’articolo 15. Le parti in udienza (il debitore, i creditori e il pubblico ministero) vengono convocate entro 45 dal ricorso. Poi, entro massimo 7 giorni dall’udienza, possono essere presentati ulteriori documenti, relazioni tecniche, bilanci o memorie. Tutti i provvedimenti presi in sede di processo, vengono poi confermati o revocati dalla sentenza di fallimento o dal decreto di rigetto.

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